Riflettere e informarsi sul percorso fatto negli atti per contrastare la violenza di genere è un ottimo punto di partenza per comprendere quanta strada, invero, abbiamo ancora da fare.
Un incremento della legislazione in tema di contrasto alla violenza di genere è sicuramente fortemente legato al cambio di società e cultura, ma andiamo con ordine.
Sicuramente, il primo grande passo nella nostra storia è rappresnetato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 126/1968 che ha dichiarato incostituzionale il delitto di adulterio della moglie.
Salta subito agli occhi, dunque, che fino a poco più di 50 anni fa era perseguibile penalmente solo la moglie adultera.
Nel 1970 un ulteriore passo viene compiuto con la legge sul divorzio, ma la vera rivoluzione copernicana si ha con la riforma del diritto di famiglia del 1975, che abolisce la potestà maritale (secondo cui il marito sottoponeva alla propria protezione la moglie) e introduce i concetti di eguaglianza tra coniugi e separazione per intollerabilità della convivenza (e non più per colpa).
Nel 1981, invece, la legge n. 442 abroga i reati di cui agli artt. 544 e 587, rispettivamente il matrimonio riparatore e il delitto d'onore.
Deve farci riflettere il fatto che fino a quarant'anni fa lo stupratore avrebbe potuto rimanere impunito semplicemente sposando la propria vittima, ma anche che non era punibile il marito, fratello o padre che avesse colto sul fatto il tradimento e avesse percosso la moglie, sorella o figlia.
Dal 1981 assistiamo a una sostanziale inerzia fino al 1996 quando, finalmente, viene messo mano alla collocazione e formulazione dei reati sessuali.
Fino al 1996, infatti, esistevano due diverse fattispecie, il reato di libidine e quello di congiunzione carnale violenta, peraltro collocati tra i delitti contro l'onore.
Con la rifroma si opta per una nuova collocazione, contro la persona, e si sceglie di unificarli sotto un unico reato, quello di atti sessuali, in quanto, tra le altre cose, la divisione in due diverse fattispecie costringeva la vittima a ripercorrere e raccontare quanto subito per poter qualificare correttamente il fatto.
Nuovamente, l'attenzione sembra fermarsi fino al 2009, quando viene inaugurata una stagione decennale di riforme.
Nel 2009, infatti, viene introdotto il reato di atti persecutori (stalking) e una riforma del T.U. Giustizia consente alle vttime e parenti di stalking e violenza sessuale di accedere al gratuito patrocinio a prescindere dal reddito (poi esteso dalla Convenzione di Istambul anche ai maltrattamenti).
Nel 2013 la cd. legge femminicidi aggiunge l'allontanamento dalla casa famigliare tra le misure precautelari e cautelari insieme al divieto di avvicinamento alla persona offesa.
Viene inoltre previsto l'ammonimento anche per i reati cd. sentinella (ad esempio, le percosse nei maltrattamenti) e l'obbligo di maggiorni informazioni alla persona offesa.
Inoltre, in caso di istanza di revoca e modifica di una misura cautelare per i reati di stalking e maltrattamenti, questa dovra' essere notificata alla persona offesa.
Sempre nello stesso anno, il reato ex art. 572 c.p. viene esteso anche ai conviventi.
Finalmente, nel 2019, giungiamo al Codice Rosso, sulla cui formulazione e applicazione pratica continuo ad avere delle riserve, ma e' sicuramente un passo avanti.
Questo excursus sugli ultimi 50 anni ci dice, sicuramente, che molti interventi sono stati possibili grazie ad un cambio di rotta nella cultura fortemente patriarcale, ma ci dice anche che un cambiamento tanto giovane ha sicuramente ancora molta strada da fare.
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