
Il concetto di abitazione famigliare è stato a lungo, tra le righe del diritto, strettamente collegato alla sola nozione di famiglia formata a seguito di matrimonio. Ma le famiglie cosiddette "di fatto" sono ormai parte del nostro quotidinao ed era pertanto necessario che il legislatore se ne occupasse. Ecco, duqnue, sopraggiunta nel nostro ordinamento la tanto discussa Legge Cirinnà (n. 76 del 20.05.2016) che, per molti aspetti, disciplina le coppie che non si uniscono in matrimonio. Oggi vediamo cosa accade alla casa famigliare quando la famiglia di fatto si scioglie. Partiamo dall'ipotesi in cui due conviventi decidano di concludere un contratto di locazione. Normalmente, in questi casi, il contratto è intestato solo ad uno dei conviventi. Ma cosa accade se l'intestatario muore? Mentre prima della Legge Cirinnà il partner superstite non aveva alcuna tutela, dal 2016 le coppie di fatto vengono equiparate, per molti aspetti, a quelle sposate. E, dunque, in questo caso il partner ha diritto a subentrare quale intestatario nel contratto di locazione precedentemente sottoscritto dal convivente premorto. Qualora invece il partner che muoia prima sia stato proprietario esclusivo dell'immobile destinato a casa famigliare le tutele sono diverse rispetto a quelle previste per le coppie sposate. Ed infatti, in questo caso, il partner che sopravviva avrà diritto a restare nell'immobile, ma per un periodo limitato: due anni al massimo, oppure per il tempo pari alla durata della convivenza (ma comunque non superiore a 5 anni). Qualora vi siano figli minori, il diritto alla permanenza è previsto per un periodo non inferiore a 3 anni. Detto diritto viene perso qualora venga mutata la residenza o venga contratta una nuova unione.
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