Molti ordinamenti, ormai da tempo, hanno inserito nei propri codici penali reati ad hoc per maltrattamenti che si perpetrano sul piano psicologico o economico.
In Italia, ricadono nella nozione di "maltrattare" enunciata dall'art. 572 c.p.: sarebbe un errore, infatti, pensare che insulti e denigrazioni quotidiane, nonchè privazioni e controllo economico, siano esenti da punizioni.
La giurisprudenza, ormai da tempo, si pronuncia su casi simili, riconoscendo l'integrazione del reato di maltrattamenti in famiglia in caso di violenze psicologiche ed economiche.
E' il caso di una recente pronuncia (Cass. Pen. 34351/2020), che ha riconosciuto la sussistenza dei maltrattamenti in un caso in cui non vi erano aggressioni fisiche, ma un contesto praticamente quotidiano di insulti e denigrazione.
In particolare, la Corte ha riconosciuto che a integrare il reato ex art. 572 c.p. è proprio la ripetitività e l'ossessivià degli insulti, che sono indice e prova dell'abitualità richiesta per la configurazione del reato di maltrattamenti.
In particolar modo, evidenziano gli Ermellini, l'uso di espressioni denigratorie (sei una scrofa, come sei brutta, copriti, fai schifo, sei grassa, dovrei cambiare le porte perché non ci entri più, tra dieci anni ti cambio con una più giovane e più bella) non era circoscritto ai soli litigi (cosa che, comunque, non sminuirebbe i fatti) ma erano un normale intercalare dell'imputato
Nonostante queste pronunce siano fondamentali per la tutela delle vittime di prevaricazioni e violenze, appare evidente come sia necessario un intervento legislativo che introduca un reato ad hoc.
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