Nonostante numerose iniziative pubbliche sulla parita' dei sessi, e' innegabile che nella nostra cultura residui ancora una concezione piuttosto antica della vita famigliare.
Tra i vari dogmi difficili da scardinare, e' impressionante come quello legato all'intimita' della coppia sia tra i piu' radicati nel comune pensare.
Per curiosita', ho lanciato sulla mia pagina Instagram un sondaggio riproponendo la stessa domanda contenuta nel titolo.
Ebbene, e' impressionante come la maggior parte delle risposte sia stata negativa, delineando quindi un'evidente convinzione secondo cui il rapporto di coniugio farebbe venir meno un eventuale reato di violenza sessuale.
Ebbene, csoi' non e'.
La giurisprudenza e' ferma e concorde, infatti, nel riconoscere l'ipotesi di cui all'art. 609 bis c.p. anche se le parti sono legate da un rapporto sentimentale e/o matrimoniale.
Il reato di violenza sessuale punisce, infatti, chi con violenza o minaccia costringa taluno a compiere o subire atti sessuali.
Sulla definizione che dottrina e giurisprudenza hanno dato all'espressione atti sessuali ci siamo gia' soffermati a lungo, mentre mai abbiamo discusso riguardo la condotta costrittiva tenuta dall'agente.
Questi infatti deve tenere un comportamento che violi e prevarichi la volonta' della persona offesa.
Per considerare l'inesistenza del reato, dunque, il consenso prestato dalla parte offesa deve essere attuale, preciso ed esplicito.
Come e' evidente, nulla viene detto riguardo ad eventuali esimenti basate su relazioni tra le parti.
Cio' perche' non esiste alcuna clausola in merito.
Oltre all'invasione della sfera sessuale, dunque, deve sussistere uno spregio sul mancato consenso.
E, dunque, in tema di violenza sessuale tra coniugi la giurisprudenza, seppur costante, e' stata proficua.
Ed infatti ha riconosciuto il reato sia quando il coniuge abbia espresso il proprio dissenso in maniera esplicita, ma anche quando non abbia detto nulla in merito, non ritenendo sufficiente in questi casi la nozione di consenso implicito.
Ma ancora, recentemente, in un caso di cd. consenso implicito, ha rilevato come alcune circostanza (es. il pianto della persona offesa) ben possano essere chiari esempi di dissenso.
Un'altra interessante pronuncia ha interessato il caso di una moglie che si opponeva non ai rapporti in generali, ma solo in determinate circostanze, dovute alla scarsa igiene del partner: anche in questo senso e' stato ritenuto evidente il dissenso.
Infine, una ulteriore pronuncia della Cassazione ha ritenuto la violenza sessuale quale reato autonomo in un processo per maltrattamenti, argomentando che, una volta provata la prevaricazione e le condotte di cui all'art. 572 c.p. non poteva che desumersi la mancanza di consenso da parte della persona offesa
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