Si sa, nessuno pensa al vil denaro fino a quando regna l'amore.
Il problema, invero, sorge quando la favola finisce e si decide di mettere fine alla relazione.
Uno dei -tanti - problemi che sorgono con la separazione riguarda la gestione e, spesso, la restituzione delle somme che un coniuge ha messo a disposizione dell'altro durante il matrimonio.
Partiamo dunque da una considerazione: l'aver prestato soldi al proprio coniuge non fa sorgere il diritto a richiederne la restituzione.
E' opinione diffusa da parte della giurisprudenza (tra le tante, Cass. Civ. 12251/2019) che i prestiti tra i coniugi siano certamente legali, ma non possono essere considerati veri e propri mutui.
Questo perche', nell'arco della vita matrimoniale, vige il principio di solidarieta' tra i coniugi.
Quindi, ciascuna somma che uno concedesse all'altro, durante l'unione, si presume gratuita.
Ancor piu' precisamente, va detto che le somme messe a disposizione di un cugino da parte dell'altro si presumono conferite per far fronte alla vita e alle necessita' famigliari.
Ne consegue che detta disposizione non puo' essere considerata un finanziamento vero e proprio, ma, piuttosto, una modalita; operativa necessaria a far fronte all'obbligo di solidarieta' reciproca.
La restituzione, dunque, non potra' essere chiesta neppure in sede di separazione o divorzio, proprio in conseguenza di detta presunzione.
Come, dunque, uscire da questo circolo vizioso?
Andea' superata la presunzione di gratuita', dimostrando dunque che le somme sono state conferite non per la vita famigliare, ma per altro motivo, e che era chiaro l'intento di chi ha disposto detta somma di chiederne, in un futuro, la restituzione.
Unico modo per superare un simile stallo e' quello di redigere una scrittura privata tra i coniugi, che, peraltro, porterra' la prescrizione del credito a dieci anni.
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