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Writer's pictureAvv. Camilla Fasciolo

IL DISEGNO DI LEGGE PILLON E LA RIFORMA IN MATERIA DI DIRITTO DI FAMIGLIA


Il diritto di famiglia rappresenta uno dei campi meno regolati dal nostro ordinamento. Il motivo, in realtà, è molto semplice: ogni famiglia, ogni separazione, è uguale solo a se stessa. Generalizzare il diritto di famiglia con una normativa puntuale significherebbe scegliere di non cogliere e non tutelare le sfumature che questioni tanto delicate possono avere. Questo punto di partenza ci consente di intraprendere il nostro cammino (critico) nell'esame del Ddl Pillon sulla riforma del diritto di famiglia. Il primo errore viene colto già dal titolo del disegno di legge: norme sull'affido condiviso. Il termine affido, infatti, attiene all'esercizio della potestà genitoriale e, se condiviso, prevede che la stessa sia esercitata in maniera eguale da entrambe i genitori. L'affido condiviso è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla L. 54/2006: fino ad allora, la regola era invece l'affido esclusivo, ora relegato a casi di eccezionale gravità. Il Disegno di legge Pillon, invece, vorrebbe regolamentare la gestione della collocazione dei figli. E, infatti, se dal 2006 l'affido dei figli minori è, salvo casi gravi, condiviso, la collocazione degli stessi è prevalentemente presso un genitori. Dove i figli vivono maggiormente viene infatti stabilito dalle parti o dal giudice in caso di mancanza di accordo, unitamente al diritto di visita del genitore non collocatario. Negli ultimi anni ha preso campo anche l'ipotesi di alternazione, che stabilisce eguali giorni da mamma e da papà, alternati e con mantenimento diretto. Il disegno di legge vorrebbe cristallizzare questa ipotesi, facendola diventare la regola. Ciò, tuttavia, appare alla scrivente assai poco praticabile. Il disegno di legge, infatti, si prefigge l'obiettivo di lasciare alle parti la maggiore autonomia possibile, relegando il giudice in una posizione residuale. Ciò, tuttavia, da per scontato che le parti definiscano la propria posizione consuensualmente, tralasciando dunque ogni conflittualità. Rendere la collocazione alternata come regola, senza possibilità alle parti di definirsi in base alle proprie esigenze nonchè ad un giudice di intervenire in caso di disaccordo, comporterebbe una generalizzazione della normativa spaventosa. Se, infine, gli obiettivi che si pone il disegno di legge sono lodevoli, altrettanto non può dirsi dell'applicabilità di una simile riforma.

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