La sentenza della Cassazione che ha assegnato all'assegno divorzile una funzione assistenziale e non più di continuità del tenore di vita ha rappresentato una vera e propria rivoluzione copernicana.
Se, infatti, prima delle precedente pronuncia, l'assegno stabilito all'ex coniuge aveva la funzione di garantirgli un tenore di vita uguale a quello tenuto in costanza di matrimonio, ora ha una funzione del tutto diversa.
Viene dunque riconosciuto solo e nell'esclusivo caso in cui il coniuge beneficiario non sia in grado di procurarsi mezzi di sostentamento.
Non esiste, in questo senso, una regola generale ma sarà opportuno guardare al caso concreto.
A pari età del presunto beneficiario, infatti, occorerà tenere in considerazioni altri fattori: esistono problemi di salute? invalidità?
Dunque, da qualche anno la giurisprudenza ha scritto fiumi di pagine per cercare di fornire criteri più o meno omogenei per il riconoscimento del mantenimento al coniuge.
Interessante è, dunque, una recente sentenza riguardo al reddito di cittadinanza.
Il principio per cui il reddito di cittadinanza è stato istituito, infatti, giustificherebbe a priori l'assegnazione di un sostegno da parte dell'ex coniuge.
Si tratta infatti di una misura a contrasto della povertà e dell'indigenza.
Vero è, per contro, che si tratta pur sempre di una somma di denaro che il benficiario percepisce, talvolta anche di non modesta entità ma di ammontare eguale a contratti di lavoro a tempo determinato.
Una delle prime pronunce sul caso è dunque quella del Tribunale di Frosinone (18 febbraio 2020) che ha negato l'assegno divorzile al coniuge che percepisce il reddito di cittadinanza, qualora l'ammontare del sostegno sia tale da garanturgli una esistenza comunque dignitosa.
Dunque, non una negazione generale, ma solo in determinati casi.
Quanto detto oggi, ovviamente, è da riferirsi solo al rapporto tra i coniugi, mentre il mantenimento verso i figli è sempre e comunque dovuto.
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