Negli ultimi anni ha attratto l'attenzione di molti anche non addetti ai lavori la rivoluzione giurisprudenziale che ha riguardato l'assegno disposto in favore dell'ex coniuge.
Dobbiamo iniziare a pensare il contesto socio economico in cui questo era stato previsto: una cultura e una societa' che vedeva la donna fortemente dipendente dal proprio marito.
Si era dunque pensato ad un mezzo che la traghettasse una volta finita l'unione.
Si differenzia, dunque, l'assegno di mantenimento da quello divorzile.
Il primo spetta al coniuge economicamente piu' debole per mantenere lo stesso tenore di vita cui era abituato in costanza di matrimonio.
L'assegno di divorzio, invece, e' finalizzato all'autosufficienza economica dell'ex coniuge.
La Cassazione e' dunque intervenuta recetemente (capofila la sentenza S.U. 18287/2018) per interpretare la disciplina in maniera adeguata e consona alla cultura e al tempo in cui viviamo.
Le ipotesi, dunque, in cui l'assegno di mantenimento o quello divorzile possono essere riconosciuti diventano residuali e fortemente limitate.
Il coniuge che ne fa richiesta, infatti, dovra' provare di essere del tutto inabile al lavoro, per eta' o per problemi di salute.
La giurisprudenza ha infatti individuato un limite di eta', fissato intorno ai 45-50 anni, in cui il richiedente si considera inabile al lavoro" cio' perche' si tratta di una fascia che difficilmente viene impiegata con contratti ex novo.
Inoltre, potranno essere titolari del contributo i coniugi che hanno gravi problemi di salute, tali da renderli inabili al lavoro.
Quanto allo stato di disoccupazione incolpevole, invece, la possibilita' di utilizzarlo quale fondamento per la richiesta di assegno e' molto labile: il richiedente dovra', infatti, dare prova di aver tentato in ogni modo il reperimento di un lavoro, ma di non aver avuto successo per cause indipendenti.
Deve inoltre tenersi conto anche dell'ipotesi della casalinga: in questo caso, infatti, l'ex coniuge potra' richiedere un assegno qualora provi che la propria mancanza di occupazione e la scelta di rimanere a casa sia stata fatta per consentire una crescita lavorativa dell'altro coniuge.
Detto requisito e' fondamentale e deve essere valutato in concreto, verificando l'incremento economico e qualitativo della vita del coniuge lavoratore.
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