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Writer's pictureAvv. Camilla Fasciolo

L'OPPOSIZIONE ALL'ARCHIVIAZIONE





Quando il PM ritiene che la notizia di reato sia infondata, che sia appliccabile la particolare tenuità del fatto o che non sia esercitabile l'azione penale, deve procedere con la richiesta di archiviazione.

Deve, dunque, formulare una richiesta motivata al G.I.P. affinchè questi disponga l'archiviazione del procedimento.

Tuttavia, questo passaggio talvolta non è automatico.

Ed infatti, qualora la persona offesa ne abbia fatto richiesta in sede di querela o di integrazione di essa ma, comunque, non successivamente alla richiesta di archiviazione, deve essere avvisata dell'avvenuto deposito della richiesta di archiviazione da parte del P.M..

Dal ricevimento dell'avviso, la persona offesa ha venti giorni di tempo per visionare il fascicolo e depositare una eventuale opposizione.

Il termine indicato non è perentorio: tuttavia, non è ammissibile l'opposizione all'archiviazione presentata dopo la pronuncia del GIP.

Va inoltre segnalato che nelle ultime riforme è stato disposto che per determinati reati la richiesta di archiviazione vada notificata a prescindere dalla richiesta fatta dalla persona offesa: parliamo dei reati con violenza sulla persona (uno fra tutti: lo stalking). In questi casi, inoltre, il termine per l'opposizione è di 30 giorni.

Quale conseguenza se il P.M. non osserva il dovere di avviso?

La giurisprudenza è costante (ex pluribus, n. 50156 dell'11 dicembre 2019) nell'individuare quale conseguenza della mancata notifica la nullità del decreto di archiviazione e la conseguente restituzione degli atti al P.M. affinchè proceda all'integrazione del contraddittorio.

Grazie alle modifiche operate dalla L.103-2017, la persona offesa potrà proporre reclamo entro 15 giorni dalla conoscenza del provvedimento al Tribunale monocratico, a differenza della disciplina rpecedente, che prevedeva esclusivamente il ricorso per Cassazione.

Esaurite le questioni particolari sull'avviso e sul termine dell'opposizione, vediamo il contenuto dell'atto.

A pena di inammissibilità, l'atto di opposizione deve contenere l'oggetto delle investigazioni supplettive e i relativi elementi di prova.

Queste potranno significare sia l'acquisizione di nuovi elementi di prova sia la revisione di elementi già assunti.

Ricevuta l'opposizione, il G.I.P. fisserà un'udienza in camera di consiglio al termine della quale potrà disporre l'archiviazione, rigettando dunque l'opposizione, con decreto motivato e restituire gli atti al P.M.. Questo provvedimento dal 2017 non è più impugnabile.

Qualora, invece, accolga l'opposizione, disporrà la prosecuzione delle indagini.

Sul punto, segnalo un'interessante sentenza, che ha stabilito che "ai fini dell'eventuale ammissibilità di un'opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione, il giudice è tenuto unicamente a valutare la sola pertinenza e specificità degli atti di indagine richiesti; deve ritenersi di conseguenza illegittimo un provvedimento di archiviazione che sia emesso unicamente in base ad un valutazione di merito degli atti con la quale si anticipa in via prognostica l'incidenza probatoria delle indagini richieste che non può trovare accoglimento in sede di verifica del diritto della parte offesa al contraddittorio camerale" (Cass. n. 6587/2017).




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