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Writer's pictureAvv. Camilla Fasciolo

LA PRESCRIZIONE: CHE COSA E' E COSA PREVEDE LA RIFORMA

Il vocabolario di lingua italiana definisce prescrizione: "la perdita, da parte di un soggetto, di un diritto in conseguenza del suo mancato esercizio per un prolungato periodo di tempo".

Nel processo penale l'istituto della prescrizione assume un significato ancora più pregnante.

L'art. 157 c.p. prevede che il decorso della precrizione estingue il reato qualora decorra, senza che questa sia interrotta e senza che si giunga ad una sentenza definitiva di condanna, un periodo di tempo pari al massimo della pena edittale prevista per quel reato e, comunque, non inferiore a 6 anni per i delitti e 4 per le contravvenzioni.

Lo stesso codice, poi, prevede che vi siano determinati atti che interrompono la prescrizioni: sono episodi che, qualora si verifichino nel corso del procedimento, fanno ripartire ab origine il conteggio del tempo necessario alla prescrizione.

Essi sono: la sentenza di condanna, il decreto penale di condanna, l'ordinanza applicativa delle misure cautelari personali, l'interrogatorio davanti al P.M. o al giudice ed altri indicati dall'art. 160 c.p.

A tutela dell'indagato e imputato il codice prevede un limite massimo: infatti, anche considerando gli eventi interruttivi, i termini di cui all'art. 157 c.p. non possono essere prolungati per più di un quarto del tempo necessario a prescrivere.

Diverso è invece l'istituto della sospensione che crea, invece, una parentesi nel decorso della prescrizione e, quindi, mantiene il termine maturato prima dell'evento interruttivo.

Ad oggi, dunque, l'istituto della prescrizione è una forma anche di contrasto all'inerzia dell'attività della pubblica accusa e di garanzia del principio della ragionevole durata del processo.

Vediamo dunque cosa dovrebbe prevedere la riforma della prescrizione.

Un primo intervento è già stato apportato nel 2017 quando la Legge n. 103 ha disposto che i termini vengano sospesi fino a 18 mesi sia dopo la condanna in primo grado che dopo la condanna in appello.

questo intervento è stato apportato con la precisa logica di salvare le migliaia di fascicoli in giacenza e in attesa di fissazione udienza nei gradi di impugnazione.

Mediamente, in Italia, la prima udienza di un appello penale viene fissata dopo due anni dall'impugnazione della sentenza.

La nuova proposta del Governo, invece, vorrebbe introdurre la sospensione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, che sia di assoluzione o condanna, fino alla sua esecutività.

Un simile intervento sarebbe giustificato dal proposito di velocizzare i processi pendenti ed evitare l'impunità.

Tuttavia, gli effetti che una simile riforma potrebbe produrre sarebbero esattamente opposti.

In primis, non vi sarebbe più alcun contrappeso all'attività della pubblica accusa e, quindi, potrebbe verificarsi un ulteriore rallentamento del carico giudiziario, già al collasso.

Ciò danneggerebbe persone offese dal reato, indagati ed imputati.

Quanto ai primi, rischierebbero di non vedere mai (o in tempi ben poco soddisfacenti) soddisfatti i propri diritti.

Indagati ed imputati vedrebbero dunque violato il proprio diritto ad una ragionevole durata del processo, oltre a vivere con una spada di Damocle perenne di un processo pendente.

Provate a pensare a chi subisce un processo pur essendo innocente. Ciò assume ben altro significato.

Infine, ne esce danneggiato anche lo Stato, che non vedrà punito in tempi celeri il condannato.





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