Il tema delle sostanze stupefacenti in Italia e' disciplinato da un autonomo testo legislativo, il DPR 309/1990, il cui articolo 73 rappresenta sicuramente il fulcro dell'intera disciplina.
La norma, infatti, punisce con pene severe ogni tipo di condotta avente ad oggetto sostanze stupefacenti o psicotrope: dal commercio, alla produzione, alla cessione.
Tuttavia, il legislatore ha altresi' deciso di mitigare il proprio intento punitivo introducendo, allo stesso articolo, il comma 5, che prevede invece un'altra forbice edittale per i casi di lieve entita'.
Il 5 comme infatti prevede che se le condotte descritte nel primo comma siano, per le modalita' o le circostanze, di lieve entita', il limite edittale scende da 6 mesi a 4 anni di reclusione, in luogo di quello previsto dal primo comma, da 8 a 20 anni di reclusione (oltre la pena pecuniaria).
Recentemente, peraltro, e' stato stabilito che la fattispecie di lieve entita' sia un reato autonomo e non una circostanza attenuante, risolvendo cosi' un dibattito giurisprudenziale in atto da tempo.
Le conseguenze non sono di poco conto: basti pensare che, qualora il fatto sia riconosciuto come di lieve entita' l'imputato puo' avere accesso a riti alternativi come quello della messa alla prova.
E dunque, quando una condotta concernente sostanze stupefacenti puo' essere considerata di lieve entita'?
Nel lasciare il dettato normativo piuttosto sibillino, il legislatore ha messo in atto il proprio intento di consentire alla magistratura di valutare, secondo vari punti di vista, se la condotta incriminata possa essere qualificata ex comma 5.
E, dunque, il giudicante dovra' considerare le modalita' dell'atto, il quantitativo della sostanza ed ogni circostanza utile, secondo il suo apprezzamento, a qualificare il fatto come di lieve entita'.
La giurisprudenza e' pressocche' unanime a non considerare il tipo di stupefacente quale indice di valutazione.
Mentre, invero, la presenza di piu' sostanze, anche se in quantita' minime, impedisce di integrare la fattispecie ex comma 5 perche' denoterebbe la facilita' di reperimento della sostanza.
In ultimo, si segnala una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 50305 del 7 novembre 2018, sez. IV).
La Suprema Corte, infatti, ha escluso l'applicazione dell'ipotesi di cui al V comma per la cessione di 1 grammo di MDMA, sciolto nell'acqua, ad una ragazza, poi vittima di violenza sessuale perpetrata dallo stesso cedente.
La Cassazione ha infatti ritenuto che la lieve entita' debba essere valutata anche riguardo la capacita' della sostanza di incidere sulla liberta' di autodeterminazione del destinatario.
Nel caso di specie, e' apparso lampante che la cessione della sostanza fosse prodromica all'atto della violenza e, pertanto, servisse ad annullare la capacita' di autodeterminazione del destinatario.
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