Quante volte, di fronte a notizie di cronaca riguardanti lo stalking, abbiamo sentito frasi di giustificazione del soggetto agente?
Spesso, si cerca una giustificazione o una mitigazione della condotta persecutoria nella vittima: in alcuni casi, specialmente di stalking commesso a mezzo social e/o messaggistica, si è arrivato a dire che la vittima avrebbe ben potuto evitare le persecuzioni bloccando il contatto dell'agente.
Sul punto, si è pronunciata recentemente la Corte di Cassazione, la quale, con la sentenza n. 44628 del 2 dicembre 2021, ha sancito il principio secondo cui il reato di cui all'art. 612 bis c.p. è realizzato anche in caso in cui la vittima sblocchi il numero whatsapp del persecutore.
Più precisamente, la Corte enuncia il principio secondo il quale nel reato di atti persecutori, il temporaneo ed episodico riavvicinamento della vittima al suo persecutore non interrompe l'abitualità del reato, né inficia la continuità delle condotte, quando sussista l'oggettiva e complessiva idoneità delle stesse a generare nella vittima un progressivo accumulo di disagio che degenera in uno stato di prostrazione psicologica in una delle forme descritte dall'art. 612-bis cod. pen.
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