Tra poche settimane compirà un anno il famigerato Codice Rosso, la L. n. 69/2019 che avrebbe dovuto risolvere ogni problema riguardo alla violenza di genere o maltrattamenti in famiglia.
La riforma, infatti, è stata emanata, come spesso accade, come risposta ad un evidente problema e tuttavia risente della spinta di svariati casi di cronaca.
Il mio personale giudizio, ad un anno dalla sua entrata in vigore, è quello di un intervento a metà.
Si badi: le intenzioni erano, ovviamente, più che lodevoli e, tuttavia, la messa in pratica delle stesse è risultata fortemente deludente.
Facciamo alcuni esempi pratici.
La riforma, tra le altre cose, introduce alcune fattispecie penali: iniziamo con l'esaminare l'art. 387 che punisce chi viola il divieto di avvicinamento o l'allontamento dalla casa famigliare.
L'intenzione, è evidente, è ottima: dove sta la falla dunque? Il limite edittale non consente l'arresto in flagranza e, inoltre, consente l'accesso ai riti premiali.
Avrebbe dunque dovuto avere un effetto deterrente ma, diciamocelo, se ciò valesse, non basterebbero le pene previste per i reati principali di stalking o maltrattamenti in famiglia?
E ancora, il cd revenge porn: ottimo sanzionare queste spregevoli condotte, meno non aver fornito alla vittima uno strumento di facile e veloce rimozione dei contenuti divulgati.
Considerazioni che, è ovvio, appaiono in tutta la loro tragicità al momento del bisogno.
Ancora sulle modifiche del codice penale, viene inserito l'obbligo, per i reati previsti dal codice rosso, di subordinare la concessione della sospensione condizionale alla frequentazione di corsi di riabilitazione.
Anche confrontandomi con colleghi da altre parti dell'Italia, non si riscontrano ad oggi protocolli per la gestione di questa eventualità e dunque: può l'imputato agire autonomamente e privatamente?
Quanto alle modifiche al c.p.p., quella più eclatante riguarda il termine di 3 giorni dall'iscrizione in R.G.N.R. della notizia di reato entro cui il P.M. deve sentire la persona offesa.
ebbene, il testo della norma presupporrebbe che l'iscrizione avvenisse in maniera simultanea alla trasmissione, ma così non è e sovente trascorrono vari giorni tra i due momenti.
Inoltre, il termine dei tre giorni non è perentorio e, pertanto, il magistrato che non lo osservi può incorrere in una responsabilità disciplinare.
In conclusione, il Codice Rosso ha ancora molta strada da fare: speriamo in un'applicazione corretta e che possa colmare queste lacune.
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