
Negli ultimi anni si vanno diffondendo abitudini alimentari e diete, basate sia su motivi etici che di natura salutista.
Senza scendere nella valutazione di dette scelte, è tuttavia innegabile che alcune di queste possano comportare il mancato apporto di determinati nutrienti e che dette scelte, in un soggetto in crescita ed evoluzione come un bambino, possano risultare deleterie e finanche dannose.
Tuttavia, è altresì vero che anche le scelte alimentari, soprattutto quando basate su motivazione etiche, rientrano nella libera determinazione del genitore e del suo piano educativo per il figlio.
Dunque: ha diritto il genitore che persegua un determinato stile alimentare ad imporlo anche ai propri figli minori, anche senza il consenso dell'altro?
La questione è meno banale di quanto può apparire, in quanto, aldilà delle valutazioni di salute, porta alla luce senz'altro una conflittualità tra i genitori, di diverse vedute, che difficilmente potrà essere sanata dagli stessi in autonomia.
In giurisprudenza, ad esempio, abbiamo l'esempio del Tribunale di Roma che, a seguito di ricorso ex art 709 ter c.p.c., emetteva sentenza del 19.10.2016, con la quale ha riconosciuto che le scelte alimentari per i figli rientrano tra quelle espressamente previste dall'art. 337 ter c.c. che, pertanto, devono essere assunte nello specifico interesse dei minori.
Il Tribunale romano, rilevando una elevata conflittualità, inseriva nella gestione della minore i servizi sociali di riferimento, al fine di valutare il maggiore interesse della bambina: da una serie di relazioni, infatti, non è emersa la necessità di un regime alimentare tanto rigido, rendendosi invece fondamentale per il corretto sviluppo della minore una alimentazione varia e completa.
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